Roland Garros: Swiatek contro Gauff, la finale che chiude il cerchio dopo 4 anni

Nel 2018, durante il torneo junior del Roland Garros, arrivarono in semifinale Iga Swiatek, Cori Gauff, Leylah Fernandez e Caty McNally.

Swiatek, all’epoca aveva appena compiuto 17 anni, perse contro McNally mancando un match point. Gauff, 14 nel marzo di quell’anno, vinse un incontro molto duro contro Fernandez per poi spuntarla in volata contro la connazionale nell’atto decisivo.

La polacca, a distanza di quattro anni, ancora ripensa a quel momento e all’enorme delusione che provò. Ripartì subito, vinse Wimbledon un mese più tardi, ma dalle pagine della BBC dove ha scritto un commento ogni due giorni sia qui sia durante l’Australian Open, la numero 1 del mondo racconta di quanto le abbia dato fastidio non solo non raggiungere la finale ma anche vedere una quattordicenne che le era già così avanti. L’opinione cambierà poi quando Iga arriverà nel circuito maggiore, a un ritmo diverso rispetto alla statunitense che esplose, di fatto, in quel Wimbledon del 2019 quando raggiunse gli ottavi di finale e lei, pur con gli ottavi raggiunti a Parigi un mese prima, di fatto rimase più nell’ombra ancora per un annetto.

Ora, a distanza di quattro anni, Swiatek e Gauff si ritrovano l’una contro l’altra dove dovevano essere quel giorno: in una finale Slam. Iga ha rivelato, sempre nell’ultimo articolo alla BBC, che lei stessa ha poi smarrito l’amarezza vedendo quanto di buono la rivale facesse nel circuito maggiore, più nei comportamenti che nei risultati in sé: “Quando l’ho vista più spesso nel circuito WTA, ho potuto vedere lei rimaneva a un livello veramente buono e meritava quei suoi successi. Noi non parliamo mai granché quando siamo ai tornei, ma perché siamo entrambe molto timide. È abbastanza duro per persone introverse trovare un legame, ma lei mi piace davvero”.

Sono stati percorsi diversi, appunto: Gauff il nome più forte quando si parlava in questi anni di un fenomeno generazionale capace di ripercorrere cammini (in età adolescenziale) quasi sulle orme di Martina Hingis, Swiatek ha dovuto arrivare a dominare quel Roland Garros 2020 per far sì che il suo nome divenisse forte anche al di fuori della nicchia di appassionati. Non è un mistero la diversa traiettoria delle due, per vari motivi, ma Iga stessa dice che le piacerebbe se questo confronto diventasse una sorta di rivalità. Le due si sono trovate contro già due volte negli ultimi 13 mesi. La prima, forse l’esempio più rilevante, è stata la semifinale di Roma, dunque su una terra rossa molto simile a quella parigina. Vinse Swiatek 7-6 6-3. Fu un incontro abbastanza particolare già per il fatto che la pioggia di venerdì aveva costretto la polacca a disputare quarti e semifinali il giorno dopo mentre Gauff, che venerdì aveva approfittato del ritiro di Ashleigh Barty, arrivava più riposata.

Per Swiatek quella fu una partita durissima. Nel primo set prese un immediato break di vantaggio ma praticamente in ogni turno di battuta era in ritardo di almeno un ’15’ nel punteggio. Paradossalmente, l’unico game dove era avanti è stato quello poi perso sul 4-3. Memorabile il rovescio lungolinea trovato nel momento in cui Cori stava spingendo a tutta per prendersi il set e rispose con un buon angolo su una seconda palla dell’avversaria da mandarla vicina alle tribune del Grandstand Arena. Iga, salvatasi sistematicamente, l’avrebbe poi spuntata 7-5 e sfruttando l’inerzia salire sul 5-1 per chiudere “soltanto” al nono game. Di quella partita, oltre alla tenuta mentale della giocatrice di Varsavia, si ricorda bene come Gauff sembrasse in grado di giocare davvero bene ogni volta che fosse spalle al muro, lasciando andare il braccio e aumentando qualità e presenza in campo.

Poi quest anno a Miami, un 6-3 6-1 in favore della polacca in una circostanza un po’ diversa perché l’equilibrio venne quasi subito a meno grazie all’aggressività della risposta di Swiatek nel primo parziale e successivo crollo verticale della statunitense nel secondo. Miami, tra l’altro, è probabilmente il torneo giocato meglio da Iga in questa serie di 34 successi consecutivi. Il suo livello è variato molto, a livello di picchi massimi, ma probabilmente facendo un ordine metteremo dal migliore al peggiore: Miami, Doha, Stoccarda, Roma e Indian Wells. In questa serie così positiva, ha giocato “male” diverse partite. Quello che magari si nota meno è che i momenti difficili ci sono stati, non è nemmeno la giocatrice non più abituata. A inizio anno, però, durante l’Australian Open batté in successione Sorana Cirstea e Kaia Kanepi praticamente senza il servizio e rientrando in entrambi i casi da un set di ritardo. Ha cominciato, anche lei, a vincere “male” e questo fattore ha significato tantissimo poi in giornate come quelle di Roma contro Victoria Azarenka o nei primi turni di Indian Wells (e nella finale) o nei duri match di Stoccarda contro Emma Raducanu e Lyudmyla Samsonova.

Ora la finale di Parigi. Per lei potrebbe essere il successo consecutivo numero 35, che le darebbe modo di eguagliare Venus Williams come la serie positiva più lunga degli anni 2000. Ha vinto 56 degli ultimi 58 set giocati e in stagione 54 dei 104 set (giocati) si sono conclusi 6-0, 6-1 o 6-2. Più della metà. Inutile rimarcare come sia lei la favorita da questi dati, a cui magari ci potremmo aggiungere oltre 90% di vittorie in carriera al Roland Garros (ma è un dato ancora abbastanza giovane), però sembra avere la testa nel confronto contro Gauff anche per la sensazione che Cori non stia giocando così bene come un anno fa.

Lo scorso anno dalla partita di Roma contro Aryna Sabalenka a quel quarto di finale a Parigi contro Barbora Krejcikova sembrava davvero “pronta” al primo grande exploit della carriera. La semifinale di Roma persa solo contro Swiatek e il titolo a Parma le avevano dato una fiducia importante che solo cinque set point mancati contro la ceca le avevano cancellato. Quest anno è stato tutto più laborioso e non era tra le prime outsiders, anche se è vero ricordare come la parte bassa del tabellone fosse da subito vista come molto debole a livello di top-10 e chiunque, nei fatti, al di fuori delle prime 10 poteva emergere. Non a caso la semifinale è stata tra Gauff e Martina Trevisan, che per quanto sia stata brava rimaneva fuori dalle prime 80 del mondo durante la settimana precedente all’inizio dello Slam.

In generale, Gauff fin qui è sembrata fin troppo “passiva” nello scambio. Contro Trevisan, ma anche contro Sloane Stephens o nei turni precedenti, non ha brillato perché raramente riusciva a scaricare il proprio peso sulla palla e la tensione si faceva spesso sentire con la mano che non rispondeva ai suoi voleri nei tentativi di palle corte, per esempio, o discese a rete un po’ alla disperata viste contro l’italiana. Quando poi riusciva a impattare bene il rovescio, allora aveva lo scambio in mano, ma tanto spesso è sembrata sentirsi più sicura nel rincorrere la palla e giocarla di là cercando magari un errore avversario. È la più giovane finalista Slam da Maria Sharapova a Wimbledon nel 2004, a Parigi da Kim Clijsters nel 2001 e la tensione, volente o nolente, la vivrà. Servirà però grande attenzione perché è vero che forse Swiatek dopo 107 giorni con 34 successi consecutivi può essere al punto di dover presto tirare il fiato, ma le finali importanti giocate anche solo di recente (e il modo in cui le ha affrontate) sono tali da rendere difficile un possibile crollo emotivo e mentale della polacca, apparsa molto serena e tranquilla alla vigilia e conscia, magari, che questo percorso fatto deve solo renderla orgogliosa. Una sconfitta oggi le farebbe male, chiaramente, ma non può cancellare qualcosa di straordinario.

Soprattutto, sembra sempre difficile in questi ultimi 19 mesi affrontare una Swiatek che sta bene di testa. Sottolineiamo questo passaggio perché è ancora adesso fondamentale per lei avere Daria Abramowicz in tribuna. La psicologa ultimamente è apparsa alle telecamere anche molto attiva e coinvolta nella partita, forse a un livello che prima non c’era mai stato. Lei come tutto il team sta vivendo una situazione che è a un passo dal diventare un capolavoro. Tutti ci speravano, nessuno lo poteva sognare così. Da dopo l’Australia, Swiatek ha vinto tutti i tornei importanti prima del Roland Garros tranne uno, a Dubai, dove comunque servì per il match in una partita che sembrava strafinita a metà del terzo set. Oggi, Swiatek diventerà la seconda più giovane a giocare una seconda finale Slam a Parigi dietro solo a Martina Hingis e, se riuscirà a mantenersi così, questa sarà sempre la sua superficie migliore e dove ogni anno si presenterà come grande favorita.

Intanto però c’è questo ultimo scoglio da fare, per lei come per Gauff. Oggi Parigi scoprirà la sua regina.

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