Sinner e Fognini, un derby diverso

Hanno giocato cento volte e non si erano mai incontrati. E nemmeno scontrati, visto che girano leggende sulla maggior simpatia di Fognini verso Musetti. Punture di spillo, che altro? Sinner dice che c’è amicizia, e dalla sua parte anche gratitudine, per i molti consigli ricevuti in Davis. Da uno che di Coppa se ne intende. Però, dà gusto vederli uno di fronte all’altro, anche se alla fine un altro pezzo d’Italia tennistica si troverà fuori da un torneo che, finora, troppo generoso non è stato. Piace la patina di italianità che si stende sul Centrale, come un velo tricolore così leggero da risultare impalpabile e di nessun impedimento per i colpi e gli scatti, i ghirigori talvolta, dei due tennisti. E sugli spalti si agitano i cartelli a tre colori fatti a mano dai ragazzini.

Fognini più italiano di Sinner? Anche questa abbiamo sentito. Via, che senso hanno simili raffronti? Gettateli nel secchio, se vi sfiorano la mente. La verità è ben altra.

Italiani diversi, i due. Questo sì, è logico. Lo sono nel tennis e certo anche nella vita, perché tra Fabio e Jannik corrono quindici anni buoni, e quando Semola non era ancora alle elementari, l’altro già affrontava il circuito. Una doppia identità italiana che, sul campo, traspare dai colpi operati e dalle scelte che li guidano. Fabio è passione, e la passione indugia talvolta nei tracciati più incerti, fa salire la pressione, scombicchera i piani, rende difficili i percorsi già affrontati mille volte. Sinner è la quadratura del tennista, e poco importa se è più giovane, meno esperto, e frequenta il tennis che conta da appena due stagioni. L’inizio si affida a questo pentagramma. Eppure, il Fognini sembra tranquillo nel game d’avvio. Rimedia un colpo alla gamba, che prende a sanguinare, ma va dritto allo scopo e ottiene punti facili. Sei di seguito addirittura. Lì comincia il match di Sinner, e la scenografia cambia aspetto. Semola conquista campo e punti, è decisamente più vivace dell’amico, lo sovrasta per le energie che ha a disposizione. Fabio ha qualche problema alla pianta del piede, forse alla caviglia. «Poggialo il piede», dice a se stesso. È costretto a giocare tutti i colpi sopra le righe, e intendiamo nelle due accezioni, in senso figurato e in quello pratico, perché il punto lo ottiene solo forzando lo schema e cercando le righe. Ma il primo set se ne va, Sinner è avanti di due break, ed è lui a condurre i giochi.

Lungo le strade d’accesso al tennis scorrono le truppe cammellate del tifo, verso l’Olimpico. Derby d’Italia in due versioni, quello del tennis che vale il terzo turno, quello del calcio per la Coppa Italia. Derby scudetto, è stato anche definito quello fra Sinner e Fognini, perché l’uno milanista l’altro interista. Sul tennis ronzano gli elicotteri delle forze dell’ordine. Non facile giocare un match così.

Il momento migliore di Fabio, accudito dagli sguardi di Flavia Pennetta e dell’ex coach Corrado Barazzutti, prende forma a inizio secondo set, e passa oltre le sevizie cui Fognini sottopone la propria racchetta. La riduce in briciole e becca il “warning” di ordinanza. È il frutto di una scelta complicata. D’un tratto Fognini decide di opporsi a Sinner con lo stesso schema tattico che il più giovane ha usato con lui. «Quello che fai tu, posso farlo anch’io», sembra dire a Semola, e aumenta gittata e potenza dei colpi. I game del primo break (subito restituito) e quello del secondo valgono oro. Fognini affetta il campo con disinvoltura, e i suoi schioppi hanno il potere di bloccare l’aire di Semola, che smarrisce più di una certezza e sembra perdere lo smalto nei colpi da fondo, che gli aveva consentito di gestire al meglio il primo set. Fognini va 5-2 e chiude 6-3. Dopo un’ora e venti minuti i due sono alla pari, quasi in tutto.

Hanno giocato un set per uno, mostrando a turno l’alta qualità del loro tennis. Ci si chiede se il terzo set li vedrà riuniti, in nome dello spettacolo. Solo in parte, a quanto pare. Sinner trasforma rapidamente l’1-1 in 4-1. Dilaga con dodici punti consecutivi. C’è un break di differenza soltanto, però, e Fognini lo annulla con coraggio nel settimo game. Match ripreso? Per nulla. Anzi, a sorpresa il match finisce lì. Fognini serve e regala due doppi falli, si disunisce, Sinner resta sul pezzo. Va 5-3. Serve ed è il 6-3, mentre mezzo stadio Olimpico esulta per il gol dell’Inter.

«È stato un match difficile. Ma lo sapevo. Ci si conosce, ci si allena assieme, e l’amicizia complica sempre le cose. Fabio è un tennista speciale, che fa cose che pochi sanno fare. Nel secondo set ha cambiato gioco e per me si è complicato tutto. Ma alla fine sono rimasto in partita». Ora Krajinovic, un match che vale l’ingresso ai quarti. Ma Sinner una piccola vendetta se la consente. Sul vetrino dei messaggi finali, quello montato sulla telecamera, mette cuore e speranze. Forza Milan, scrive. Lo scudetto passa anche da qui.

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