Wimbledon-stop, stagione chiusa Si tornerà in campo, pensando al 2021

La resa di Wimbledon è giunta, ora qualcuno potrà chiedersi se il tennis sopravvivrà, e se sarà ancora lo stesso

La resa di Wimbledon è giunta, ora qualcuno potrà chiedersi se il tennis sopravvivrà, e se sarà ancora lo stesso.

Forse sì. Oppure, chissà, si dovranno studiare nuove formule. La domanda, nel caso lo sia, può ricevere illimitate risposte, l’una non meno preoccupante dell’altra.

Wimbledon è in piedi da ben più di un secolo, fermato solo da due guerre mondiali, bombardato dagli aerei tedeschi come fosse un obiettivo sensibile, e forse lo era davvero. Un pizzico dell’orgoglio britannico si era stretto intorno a quei fili d’erba, ed è probabile sia ancora così.

Gli anni trascorsi, 143 ormai, hanno trasformato l’All England Club in un museo del tennis a cielo aperto. Quasi fosse la sede di tutti i valori che il nostro sport trattiene e cura con spirito protettivo. Ma può bastare un attimo a distruggere tutto. E nel tennis, la visualizzazione di un attimo, è data dalla frazione di tempo che corre tra chi dice che “bisogna trovare formule rinnovate” a chi di seguito sostiene che “il rinnovamento si ottiene con un prodotto più moderno, televisivo e visibile sugli smartphone, perché quello fanno i ragazzi… Stanno sempre attaccati ai loro telefonini”. Come dire che la modernità si raggiunge solo percorrendo l’autostrada che porta al peggio. Ognuno di noi, si vede, ha una personale Highway to Hell da percorrere.

Primo aprile. Come un pesce. Neanche freschissimo, dato che lo si sapeva da giorni. Però alle 17, “l’ora del thè e delle tragedie” copio e incollo da Fratel Semeraro (da Il Corriere dello Sport). Lo è anche questa rinuncia, una tragedia? Più o meno, non mi viene da rispondere niente di meglio. Wimbledon non è mai “solo” un torneo, malgrado in molti abbiamo provato a sminuirlo, da sempre.

Carlos Moya (e un bel po’ di spagnoli prima di lui) e Thomas Muster manco lo giocavano, due numeri uno, tanto per dire che i recalcitranti sono sempre esistiti a tutte le latitudini della classifica. Ma Wimbledon è uno dei cuori pulsanti del tennis, e possiede ormai una dimensione quasi umanizzata, insomma, fa parte della comunità, vive con essa, ne decide le sorti, partecipa, condivide, prende posizione. Non c’è stata guerricciola tennistica in cui Wimbledon non abbia avuto un ruolo da protagonista, nell’unire o nel dividere. Fu una “sua” decisione (vedete, ne parlo anch’io come di una persona reale) a sparigliare le carte sul tavolo della presidenza ITF a fine 1967 e aprire le porte al professionismo, dunque al Tennis Open. Il torneo dei più implacabili conservatori, che d’improvviso saliva sulle barricate assieme ai modernisti più sfrenati.

Ma quel grande cuore quest’anno, per la prima volta dal 1945, ha perso un battito. E se la metafora ha un senso, è il momento di andare dal medico per una bella visita. Lui e il tennis tutto.

I signori del tennis sull’erba informano che di meglio non si poteva fare. Salterà tutta la stagione sull’erba. Spostarla non era possibile, in estate sale l’umidità e l’erba non regge due partite di seguito. Meglio pensare al 2021, e aggiungere una nota al Compendium annuale, il libro dei fatti e anche di qualche misfatto che di anno in anno aggiorna la storia del torneo più antico, 650 pagine nel quale si può scoprire che il primo a invadere un campo mentre era in corso un match ufficiale, non fu uno dei soliti streakers (ma sì, quei tipi che d’improvviso si gettano sul campo e corrono nudi e felici mentre una torma di agenti panciuti li insegue), bensì uno scoiattolo che s’introdusse furtivo sul Centre Court.

Meno chiare, invece, le disposizioni che verranno date per la ripresa. Anche perché non si capisce quando potrà esserci una ripresa.

Wimbledon era l’ultimo bastione, la sua caduta potrebbe indurre a ipotizzare uno stop definitivo e a ripartire direttamente dall’Australia, il prossimo anno. Non ne siamo così convinti, però. Forse il salvabile può essere ancora tratto in salvo, e di sicuro la governance tennistica ha nelle proprie scarpe qualche sassolino (in realtà, degli autentici speroni di roccia basaltica) da estrarre al più presto. Nei giorni scorsi si è fatta sentire la voce di Dirk Hordorff, vice presidente della federazione tedesca, ex coach di Rainer Schuettler e fondatore con Alberto Castellani della GPTCA (Global Professionale Tennis Coach Association). Solitamente ben informato, è stato lui ad avvisare gli intervistatori francesi de L’Equipe. «Non si giocherà Wimbledon, lo comunicheranno il primo aprile. Ma nemmeno il Roland Garros, quanto meno, non nelle date e nei termini che la federazione francese si è riservata».

Su questi eventi sembra pronta una nuova guerricciola interna al tennis, assai simile a quelle che l’hanno preceduta. La decisione di spostare i French Open al 20 settembre, presa da Bernard Giudicelli, presidente della federazione francese in cerca di suffragi per una sicura rielezione (l’avversario è Gilles Moretton, ex tennista e coach), ha avuto per il momento l’effetto di coalizzare il vertice del tennis intorno all’Atp del presidente Andrea Gaudenzi. Da una parte Atp, Wta, Wimbledon, Australian Open, Us Open e anche la federazione delle federazioni, l’Itf. Dall’altra la Francia, sola soletta.

Non è piaciuto il modo in cui Giudicelli ha agito, senza preavviso e senza discutere la questione con le altre parti in causa. E non è piaciuta nemmeno la scelta operata, quella di calare un torneo da 15 giorni a distanza di una settimana dagli Us Open (altro torneo sub judice… Molto sub judice), e senza farlo precedere dalle qualificazioni. Ora l’Atp cercherà una mediazione, sempre che sia possibile, ma la contraerea è già pronta allo sparo. Se “i francesi egoisti” dovessero insistere nel fare da soli, il Roland Garros sarà privato dei punti Atp validi per la classifica. E non solo per quest’anno. Anche per il prossimo.

Poi si cercherà di varare un nuovo calendario. Non tutti i tornei cancellati hanno rinunciato, tra questi c’è anche Roma, che spera in un recupero. «A ottobre nella Capitale è come a primavera», dice Panatta. Proprio ottobre sembra la data più plausibile per la ripresa dell’attività internazionale. L’Atp fa sapere che si cercherà di salvare ciò che è possibile degli Slam e dei Masters 1000, le due categorie di tornei più importanti. Difficile invece che si possano giocare le Atp Finals, a Londra per l’ultima volta prima che subentri Torino.

L’immagine del tennis ai tempi del Coronavirus, è stata gentilmente offerta dai Fognini, Fabio e Flavia, colti mentre giocano nel giardino della loro casa ligure con uno stendino della biancheria al posto della rete. Federer ha ripreso ad allenarsi dopo l’operazione al ginocchio. Si è detto “devastato” dalla rinuncia di Wimbledon, ma ha assicurato che nel 2021 sarà al via. Gli altri, moltissimi, giocano da soli a battimuro, che secondo i vecchi maestri è l’attività consigliata per migliorare i colpi. Chissà, forse diventeranno tutti più bravi.

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