US Open: Federer giganteggia su Goffin, risorge Dimitrov

[3] R. Federer b. [15] D. Goffin 6-2 6-2 6-0

Come un diesel, Roger Federer. Parte lento, passano i turni, ingrana la marcia. Anche oggi, nella vittoria maturata nettamente ai danni di David Goffin, segnali positivi, di riassestamento della condizione fisica, e mentale. In un, di fatto, non match, l’unico guizzo che ha animato gli animi degli spettatori, che una partita volevano vederla, è stato il break del belga in apertura. Nemmeno il tempo di goderselo, che Roger lo riacciuffa e, dal 1-2 sotto, chiude in nemmeno mezz’ora, 6-2. Goffin non riesce a mantenere lo stesso peso di palla dell’elvetico, nello scambio spesso sbaglia o è costretto a tirare il vincente e soffre il servizio variegato che gli piomba in direzioni e modi diversi in ogni 15. Insomma, nulla di nuovo rispetto alle letture tattiche dei precedenti tra i due.

Nel secondo c’è un breve scambio di battute quarto e quinto gioco, prima che Federer torni aggressivo quel tanto che basta per mandare nuovamente fuori giri l’avversario e inanellare una nuova striscia di game, stavolta quattro, che gli valgono il parziale. La terza manche è formalità. Un demoralizzato e frustrato Goffin nemmeno più ci prova. Già con la testa sotto la doccia, subisce un pesantissimo 6-0. Se è bene sottolineare i limiti e i difetti del belga, lo è altrettanto evidenziare la prova pulita, cinica e solida dello svizzero. Prima (con la quale trae l’85% dei guadagni) e seconda entrano abbondantemente sopra il 65%, le palle break, che costantemente gli vengono imputate, recitano 9/10. Ma non sono solo i dati, è proprio il gioco a fare la differenza. Goffin stava disputando un ottimo torneo, contro Carreno sembrava di vedere un vero muro di gomma, che respingeva e piazzava agli angoli. Oggi ha provato ad entrare in quell’ottica, ha brekkato, ma da quel momento è stato totalmente annichilito. Ora Roger attende Dimitrov, in un quarto alla mano, forse il più alla mano di tutti i restanti potenziali. Poi eventualmente Nole, quasi due mesi dopo quel Luglio da dimenticare.

G. Dimitrov b. A. De Minaur 7-5 6-3 6-4

Grigor Dimitrov ai quarti di uno Slam. Una notizia, di questi tempi. Per la prima volta in carriera, il bulgaro centra questo piazzamento agli Us Open, battendo Alex De Minaur in tre set. Entrambi avevano dato ottime impressioni finora, chiunque avrebbe puntato su una vittoria del diavoletto, che, in effetti, è partito bene. Lui ha insidiato per primo i turni dell’avversario, lui si è procurato svariate palle break, lui ha rischiato praticamente nulla in battuta. Eppure, ad un passo dal tiebreak, sempre lui, crolla sotto i colpi precisi del bulgaro e gli concede il set. Da quel momento, la partita s’incanala in un’unica direzione, quella dell’ex campione Finals.

De Minaur ci prova, imbastisce lo scambio, resiste, ma l’altro è troppo in palla. Col dritto una sentenza. Spesso a rete, preciso col servizio. Nel quarto gioco del secondo set si procura due palle break, sfrutta la seconda e tanto basta per bissare il vantaggio nel computo dei parziali.

Più lotta, più parziale equilibrio, nella terza manche. I giochi sono più serrati, ma l’australiano non riesce mai realmente a rendersi pericoloso, a differenza di Dimitrov, che, prima tenta l’affondo, sempre nel quarto gioco, poi lo trova, nel sesto e, con tutta la comodità del mondo, chiude i conti. Ora lo attende Federer, proprio quel Dio al quale viene da sempre viene paragonato, molto spesso impropriamente, ledendo sulla sua tranquillità e serenità in campo e fuori.

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