Mladenovic: le tre ragioni di una top-10 nonostante le tante sconfitte

Kristina Mladenovic ha vissuto il 2017 tra le prime 10 del mondo. Solo domenica però, dopo l'ennesima sconfitta, vedrà ufficializzarsi l'ingresso in top-10. Un paradosso che vogliamo spiegare.

Di situazioni particolari quest anno ne abbiamo avute diverse, nell’universo WTA. Le più importanti fino ad ora avevano riguardato i cambiamenti alla prima posizione mondiale. Prima Serena Williams ha sorpassato, pur osservando il tutto comodamente da casa sua ed al quarto mese di gravidanza, Angelique Kerber rimanendo leader per 3 settimane, poi Karolina Pliskova si è impossessata del trono mondiale nonostante un secondo turno a Wimbledon. Scherzi di un ranking che quest anno ad aprile ha visto i tornei slittare avanti di una settimana e dunque Kerber non ha potuto difendere i 470 punti di Stoccarda e Halep i 280 punti di Bucharest. Diversamente, la tedesca avrebbe forse tenuto la leadership ad aprile, e la rumena sarebbe certamente diventata numero 1 dopo Wimbledon invece di attendere altri 3 mesi.

Oltre a questo, con una vetta WTA che cambiava non appena ci si distraeva per un secondo bisognava curare bene di punti in scadenza, i periodi con tante cambiali pesanti da difendere e pochissimo margine sulle inseguitrici. Serviva occhio, ma anche uno sguardo il più in là possibile. Anche per questo noi di Oktennis abbiamo probabilmente per la prima volta preparato diversi articoli dove si faceva riferimento al ranking nelle settimane a venire: Pliskova, divenuta numero 1 a luglio, ad agosto aveva 2200 punti in scadenza e pochissimo margine di guadagno così pure pochissimo margine sulle avversarie, come poteva rimanere al comando dopo lo US Open? “Semplice, vincendo” potreste dire. Certo: in una stagione con così tante giocatrici che competono alla pari, e dove ormai già ai quarti di finale (per non dire prima) è facilissimo trovare un’avversaria che si definirebbe “da finale anticipata” aspettarsi una che di colpo prende e fa razzia totale è la cosa più facile da prevedere.

Eppure, per sorprenderci ulteriormente, il computer domenica prossima metterà in atto un ultimo, straordinario paradosso: Kristina Mladenovic, nonostante le dieci sconfitte di fila, sarà per la prima volta una delle prime 10 giocatrici del mondo. “Per la miseria: che roba strana, questa WTA. Chi la capisce, non è vero?”. Ebbene, invece che fermarci alla semplice frase fatta vogliamo far luce su questa situazione ricordando una cosa fondamentale: questa incredibile serie di sconfitte, per la francese, è causata da uno stiramento ai legamenti del ginocchio dopo una brutta caduta a Wimbledon nel match di secondo turno contro Alison Riske. Nonostante questo ha voluto giocare, esagerando, perché voleva due obiettivi: la top-10 e il Master di Singapore. Ci sono tre motivi, alla base, che non sono neppure così fantasiosi o difficili da arrivarci, però necessitano di una spiegazione abbastanza approfondita (e sarà quello che proveremo a fare).

PRIMO: IL RANKING E LA RACE WTA

Mladenovic ha 2885 punti, 29 in più di Kuznetsova, 66 in più di Vandeweghe, rispettivamente undicesima e dodicesima. Nelle ultime 52 settimane, non 2 mesi, ha ottenuto un punteggio utile ad essere in top-10. Fin qui è tutto scontato, una successione di dati e ripetizione di dettagli. Guardiamo un po’ più indietro, al mese di giugno. In quel periodo Mladenovic viaggiava con un livello da top-5. Avesse vinto Madrid, battendo Simona Halep in finale, avrebbe potuto essere addirittura al comando della Race. E questo non dopo 2 tornei, ma dopo più di 4 mesi. A giugno, dopo Parigi, era al numero 6. A metà luglio, dopo Wimbledon, era scivolata al numero 9 e pur avendo 600 punti in meno di Jelena Ostapenko, in quel momento numero 8, aveva una marea di vantaggio sull’undicesima giocatrice, Caroline Garcia. Qualcosa come 1500 punti, più della metà dei 2600 che facevano parte del suo ranking. Insomma: Mladenovic ha costruito nel periodo tra febbraio e inizio luglio la conquista della top-10. Anzi, volendo si potrebbe anche non parlare di conquista, ma di semplice conferma, ufficializzazione di quanto fatto nel 2017: la francese, infatti, non è mai uscita dalla top-10 della Race. È stata per quasi metà anno nelle prime 5, è uscita dalle prime 8 a Wimbledon, ma è sempre rimasta al numero 9 finché non è arrivata Caroline Garcia con la (grandiosa) doppietta tra Wuhan e Pechino.

SECONDO: LA GRANDE COSTANZA NELLA PRIMA METÀ DEL 2017

Altra domanda che può saltare in mente a qualcuno: altre avversarie? Risposte molteplici. Prima di tutto avere ben più di 1000 punti di vantaggio sull’undicesima (non su un gruppo di giocatrici tra cui l’undicesima) dopo 3 Slam e 3 Premier Mandatory è un bagaglio enorme. I primi mesi del 2017, fino a Wimbledon, hanno creato una nettissima spaccatura tra quasi tutte le prime 10 attuali (Garcia esclusa) e il resto del gruppo. Per fare un elenco di risultati importanti, ritroviamo

Halep: ha vinto un Premier Mandatory e su terra è stata grandissima protagonista, più i quarti a Wimbledon (3285 punti, 2855 solo a maggio).
Konta: ha vinto 2 titolo (il Premier Mandatory di Miami e il Premier di Sydney), più un quarto di finale in Australia, una semifinale a Wimbledon e una finale a Nottingham (2860 punti).
Svitolina: ha vinto 4 titoli tra cui i due Premier 5, più un quarto di finale Slam (2780 punti).
Venus Williams: ha raggiunto 2 finali Slam (2600 punti).
Muguruza ed Ostapenko: entrambe hanno vinto uno Slam (2000 punti) e la spagnola è stata in semifinale a Roma mentre la lettone ha raggiunto i quarti a Wimbledon e la finale a Charleston (2350 per la spagnola; 2735 per la lettone)
Mladenovic: ha un titolo più 3 finali e un quarto di finale Slam, oltre a una semifinale a Indian Wells (2425).
Wozniacki: ha raggiunto 4 finali e i quarti di finale a Parigi (2275).
Pliskova: ha vinto 3 titoli e fatto due semifinali nei Premier Mandatory di marzo (2190 punti).

Come si vede, già solo queste giocatrici hanno fatto incetta di titoli e punti, piazzamenti importanti, creando tanto equilibrio in alto quanto distacco rispetto a chi era fuori dalla top-10. Mladenovic, con l’avvenire delle sconfitte, ha cominciato a perdere contatto dal gruppo delle prime 8, ma prima che venisse raggiunta da chi inseguiva sarebbero comunque dovuti passare tanti tornei e non era comunque detto che sarebbe uscita dalla top-10. La più vicina a lei era Kuznetsova, che però si può dire abbia terminato la stagione dopo i Premier 5 tra Toronto e Cincinnati a causa dell’infortunio al polso sinistro che ha rovinato tutta la fase dallo US Open a Mosca. Avrebbero avuto gli stessi punti e la russa sarebbe stata avanti grazie ai risultati migliori nei tornei obbligatori, ma Kiki non era top-20 a fine 2016, dunque per lei non valeva la regola dei migliori Premier 5 e ha potuto aggiungere 30 punti, necessari a creare il nuovo, piccolo, gap.

TERZO: LA CONDIZIONE FISICA GENERALE

Questo diventa fondamentale anche perché, come si è detto, lei stessa non stava affatto bene, sennò alcuni risultati sarebbero davvero inspiegabili (come il 6-0 6-0 subito da Qiang Wang a Tokyo), ma attorno a lei la situazione era pressoché tragica. Dalla numero 9 alla numero 13 (prima dello stacco di 500 punti per trovare il resto del gruppo) quasi tutte hanno avuto problemi importanti in stagione.

Konta (numero 9): per lei dalla semifinale di Wimbledon a metà luglio sono arrivate appena 2 vittorie e 7 sconfitte, con l’ultimo successo che risale a Cincinnati prima di scoprirsi molto fragile e chiamare poi la fine della stagione citando un problema al piede.
Mladenovic (numero 10): ne stiamo parlando, problema ai legamenti del ginocchio.
Kuznetsova (numero 11): polso sinistro a compromettere più o meno lo stesso periodo.
Vandeweghe (numero 12): pochi tornei disputati e diverse eliminazioni ai primi turni nei tornei minori, anche se negli Slam è stata eccezionale con 2 semifinali e un quarto di finale
Stephens (numero 13): la sua stagione è durata a esagerare 2 mesi, su 10. Eppure ha vinto uno Slam, solo applausi.

Da qui in avanti la situazione non era tanto migliore.

 

Keys (numero 16): stesso discorso di Stephens, stagione decifrabile solo per 2 mesi. Non basta per la top-10, ma applausi per come ha saputo trarre il massimo.
Kerber (numero 18): la stagione più brutta da quando è diventata top-10, di fatti eccola crollare da 1 a 18.
Serena Williams (numero 20): uno Slam, poi la maternità
Cibulkova (numero 24): 3 infortuni di cui uno abbastanza serio al polso. Come Kerber, una stagione da incubo dopo un 2016 trionfale.
Kasatkina (numero 25): l’immagine più bella è la vittoria a Charleston, la più brutta la caviglia che rimane incastrata in una buca al Foro Italico.
Peng (numero 26): gamba destra mummificata da due mesi.
Radwanska (numero 27): 3 infortuni, altrettanti virus tra cui uno tra Parigi e l’inizio della stagione su erba che le fece perdere 8 chili e le portava svenimenti negli allenamenti.
Kvitova (numero 29): sappiamo tutti cosa sia successo.
Safarova (numero 30): stagione conclusa anticipatamente dopo un infortunio al polso.

Sono crollate le semifinaliste del Master 2016, tre di queste vittime di diversi infortuni. Serena Williams ha salutato tutti a fine gennaio. Tutte le altre giocatrici, al di fuori di Kuznetosva, non hanno mai avuto chance di avvicinarsi a Mladenovic. Solo Garcia, che però si è dovuta superare. Nel momento in cui le semifinali a Toronto sono state tra Stephens, Svitolina, Halep e Wozniacki e poi a Cincinnati tra Stephens, Muguruza, Pliskova e Halep, il traguardo per la francese era sempre più realtà: calendario alla mano rimanevano soltanto uno Slam, un Premier 5 e un Premier Mandatory come tornei “pesanti”. Lo US Open ha rimescolato le carte, perché ha portato a ridosso della transalpina sia Vandeweghe che Stephens, ma un po’ una programmazione “povera” e un po’ un calo immaginabile dopo lo straordinario mese d’agosto (e 11 mesi di infortunio) hanno fatto sì che Kiki tenesse quella posizione fino al momento dell’ufficialità.

Non è neppure semplice “fortuna” che le avversarie più dirette non abbiano espresso il miglior tennis, anche perché lei stessa avrebbe di che rammaricarsi dopo non aver sfruttato 5 mesi che facevano presagire ben altro per questo finale. Ecco come, alla fine, quello che sembrerebbe un risultato sconcertante diventa invece un traguardo che concretizza il livello avuto da Mladenovic lungo tutto il 2017. Anche per questo, lei per prima, ha voluto specificare che nonostante tutte le recenti delusioni questa rimarrà la miglior stagione della sua carriera.

Dalla stessa categoria