A Wimbledon non si lamenta nessuno?

L'ultima vincitrice Slam, Jelena Ostapenko, fino alle 19.30 di ieri non sapeva se e dove avrebbe giocato. Se si fosse trattato di Roger Federer o di Rafael Nadal il caso sarebbe finito davanti alla Regina. Il sessismo, anche a Wimbledon, non è mai in crisi.

Ci ricordiamo tutti cosa successe il giorno della finale di Indian Wells: Elena Vesnina e Svetlana Kuznetsova giocarono una delle finali più dure, equilibrate ed entusiasmanti della stagione femminile. Tre ore di grande tensione ed equilibrio in un ambiente tremendo, col termometro che in campo arrivava anche a 48/50 gradi al suolo. Vinse Vesnina, che colse il successo più bello ed importante della carriera per 6-7(6) 7-5 6-4 nei confronti della connazionale.

Giocarno in condizioni estreme, eppure le pagine social si scatenarono contro di loro perché stavano rimandando l’inizio della finale tra Roger Federer e Stan Wawrinka. Bella, per carità, quasi chiusa nel pronostico (Federer finì per controllare il match ben più di quanto dica il 6-4 7-6 conclusivo). Qualcuno sulla pagina di Oktennis scrisse il primo commento all’articolo di cronaca della finale femminile: “Era ora!!!”. No, non era ora, perché nessuno controlla il tempo di una partita di tennis e – vivaddio – è stata la miglior finale del giorno in termini di incertezza e qualità. Si è sbagliato bersaglio. Un po’ come John McEnroe, che nel 2017 per cercare un briciolo di popolarità e vendere il suo libro ha riscoperchiato il vaso di Pandora con la frase: “Serena Williams tra gli uomini sarebbe intorno alla settecentesima posizione”. Sì, è quasi impossibile paragonare un uomo con una donna. No, nessuno sentiva il bisogno di ritornare ancora a discutere di questo argomento triste, inutile, trito e ritrito.

Torniamo a noi, con l’esercito di persone che, in barba a tutte le belle parole spese dodici mesi prima in difesa della WTA attaccata senza tanto ritegno da Raymond Moore durante una colazione coi giornalisti inviati, si ritrovava ad invocare l’abolizione del tennis femminile. Anche per questa ragione una Jelena Ostapenko che vince un titolo Slam viene vista come sinonimo di crisi. Vedrete che al primo tennista ventenne che vincerà uno Slam, si sprecheranno le lodi. Si sa, è un momento particolare nella WTA (non “crisi” in ogni caso: troppo facile senza analizzare bene il momento storico in cui ci troviamo) però provate a pensarla così: un’ATP priva dei suoi migliori 4 sarebbe un circuito florido di personaggi? Persone come Cilic, Gasquet, Monfils e Berdych dovrebbero tirare la baracca fino a che Alexander Zverev (lui che da solo occupa tutta la fascia di NextGen, pare) non si decida a governare il mondo.

Arriviamo dunque ad ieri, quando c’è stato il paradosso. A causa del ritardo enorme che stava accumulando la partita tra Aljaz Bedene e Ivo Karlovic, l’ultima campionessa Slam in ordine di tempo è stata costretta a vedere il suo incontro cancellato su quel campo e ad attendere fino alle 19:25 ora di Londra per sapere dove avrebbe fatto il suo esordio. A livello anche solo di semplice curiosità era più interessante vedere come si sarebbe comportata una ragazzina di appena 20 anni al primo appuntamento importante dopo l’exploit parigino, piuttosto che interminabili serie di servizi vincenti tra Ivo Karlovic e Aljaz Bedene, match conclusosi guarda caso con un solo break sul 7-6 al quinto per il britannico. O forse non interessava a nessuno, perché nessuno ha commentato con frasi da cui traspariva impazienza e nervosismo. Nessun giornalista o telecronista ha scritto commenti e frasi sui social dove si mostrava enorme insofferenza. Sia chiaro: non è anormale questo, quanto quello che è accaduto quel giorno a metà marzo.

Non si tratta di Jelena Ostapenko come persona, ma di una campionessa Slam che fino alle 19:30 non aveva idea di dove dover giocare perché due stanno “rovinando” la programmazione. Con oltretutto il rischio di non poter terminare il proprio match e di essere l’unica di tutta la parte femminile a vedere il proprio incontro sospeso per oscurità. È stata quella che ha cominciato più tardi di tutte, con un’ora e un quarto di luce. Ha chiuso a buio ormai inoltrato, quando era tutto pronto per la sospensione.

Riuscite ad immaginare una situazione simile con Nadal ad attendere ed a subire uno spostamento di campo perché sul suo sarebbe in corso una maratona tra due giocatrici? Forse, certo, e l’evento sarebbe stato non solo annotato ma pure seguito da una lunga scia di polemiche sull’organizzazione e sulla mancanza di rispetto nei confronti del giocatore. Funziona così, anche se qualcuno provasse a negare. Siamo nel 2017, eppure ancora diamo retta a personaggi come McEnroe, o lasciamo che una donna nello sport venga considerata inferiore perché “quello non è tennis”.

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