È sempre tempo di Roger Federer

Esaurito il prologo si è pronti per cominciare col momento clou dell'annata tennistica. Wimbledon è alle porte e il dubbio è solo uno: come potrà perdere Roger Federer?

L’anno scorso, dopo lo strano infortunio di Melbourne, Federer arrivò sull’erba di Stoccarda con appena cinque partite alle spalle, quelle giocate tra Montecarlo e Roma. Lo svizzero, che aveva saltato il Roland Garros sperando di ritrovare sensazioni perdute, giocò sette partite tra Stoccarda e Halle, perdendone due, una con Thiem e l’altra con l’avversario di oggi, Alexander Zvererv. Quando si trasferì in Inghilterra i due protagonisti non arrivarono alla domenica – Zverev sì, ma solo per via della pioggia – e anche il vincitore di Halle, Florian Mayer, perse immediatamente. Insomma tra erba e erba c’è un mondo e non è certo la vittoria di oggi a rilanciare Federer come il più probabile vincitore a Wimbledon. Avesse perso non sarebbe cambiato nulla e meravigliarsi di come ha giocato significa o averlo visto poco o avere avuto la testa altrove in questi ultimi 15 anni. Federer frequentemente ha avuto, ha e avrà giornate così, quando neanche Laver, Tilden e tutti gli dei del tennis insieme potrebbero scompigliargli il ciuffo (perduto), altro che il povero Zverev. Il problema, da almeno cinque anni a questa parte, ma anche di più, è sempre stato capire se lo svizzero fosse in giornata di luna buona – e allora buonanotte ai suonatori – o di luna storta – e allora magari vince lo stesso, ma torna ad essere un normale fuoriclasse. Oggi la questione è che anche nelle giornate di luna storta questo Federer può godere dell’incredibile momento nero del tennis maschile. Murray è troppo intelligente per avere voglia di dedicare al tennis il tempo più stretto del necessario, Djokovic si è stufato da un po’, Wawrinka è come il connazionale, vivacchia grazie alla mediocrità generale, i giovani hanno la testa altrove, gli ex giovani o si rompono o anche da sani non sono mai stati troppo convinti di dover essere loro a prendere in mano il tennis post Fedal.

Già Nadal. Ritenerlo capace di arrivare alla seconda settimana è già fargli un grosso attestato di stima, visto che Rafa dopo la finale del 2011 ha perso praticamente ovunque e contro chiunque, fatta salva una strana parentesi tedesca, giusto un paio d’anni fa. E non sarà questo l’anno che cambierà le cose, e se non fosse che è un bravo cristo magari non si presenterebbe nemmeno. In ogni caso non è certo del Nadal formato 2017, trattato come uno sparring partner qualsiasi già tre volte, che potranno arrivare insidie allo svizzero, che se mai se lo trovasse in semifinale finirebbe col dare un’altra aggiustatina a quel casuale H2H.  Ma allora chi? Chi dovrebbe essere in grado, sull’erba di Wimbledon, posto che chiaramente Federer conosce come le proprie tasche e che persino l’anno scorso, il peggiore di sempre, l’ha visto buttare al vento una semifinale già vinta?  Chi mai potrebbe incrociare la giornata storta e farla coincidere con una grande prova, visto che se una qualsiasi non basterebbe lo stesso? Se c’è una cosa su cui si può essere certi è che stavolta le condizioni di Federer saranno perfette e se perdesse sarebbe solo perché l’avversario ha appunto trovato il gran match. Murray in finale – se la testa di serie numero 3 capitasse dall’altra parte – può essere un candidato e forse Kyrgios, che però non sappiamo bene come stia ed è un altro che va a sapere come si alza quel giorno.

Insomma i tifosi di Federer adesso proveranno a rifugiarsi nella scaramanzia, dicendo che sull’erba ci sono tante mine vaganti, da Cilic  – che l’anno scorso ha buttato la partita al vento – a Feliciano Lopez, fresco vincitore del Queen’s; da Dimitrov, come sempre, a Berdych, con la solita solfa che “l’ha sempre patito”; o magari l’erbivoro di seconda fila, come Muller o Mayer, che possono batterlo solo prendendolo a racchettate in testa.  Ma la verità è che anche loro sanno benissimo che Federer Wimbledon lo può perdere, come è ovvio, ma che è impossibile sapere come.

Ed è questo, a pensarci bene, l’incredibile miracolo di quest’uomo di 36 anni. Perché vanno bene tutte le spiegazioni e i lamenti sullo stato comatoso dell’ATP ma se non fosse stato bravo anche lui e comprendere che c’era lo spazio per altre imprese sarebbe a godersi le sue quattro gemelle. E invece.

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