Ciò che resta di una notte insonne a Madrid

Il dormiveglia fa brutti scherzi. Stanotte, nel letto scomodo di una notte madrilena, i colpi di Fognini rimbombavano nella mia testa.

Nel dormiveglia accadono cose strane. Ci si trova nel caos di un concerto, ballando musica elettronica nel deserto o magari attaccati al paracadute di Felix Baumgartner in arrivo dallo spazio. Quando ero bambino, andavo a pesca. Stavo ore e ore a fissare il galleggiante colorato nella speranza che affondasse. A volte andava giù, a volte no, ma col senno di poi non era così importante. La sera, quell’immagine tornava a farmi visita. Avevo fissato talmente intensamente quel sughero colorato che, appena prima di dormire, si ripresentava una, due, tre volte, fin quando non mi abbandonavo nel mondo dei sogni – ed era lì che riuscivo a tirare su qualche pesce, ma non voglio infierire sul bambino che ero.

Stanotte, complice il letto scomodo della mia camera di Lavapies, è successo qualcosa del genere: sentivo rimbombare in testa i colpi di Fognini. Perché è incredibile come tira forte Fognini! Il “come” non è casuale. La velocità dei colpi è indiscutibile ma la cosa che lascia basiti è la naturalezza con la quale quella palla abbandona la racchetta. Nadal sembrava continuamente in affanno, in effetti lo era e Fabio? Fabio sparava dritti e rovesci dal più bel suono possibile: ieri, sulla terra del Manolo Santana, il musicista era Fabio, non Rafa.

Negli annali del torneo probabilmente rimarrà solo quella sofferta vittoria dello spagnolo arrivata in un discusso esordio posticipato per l’otite, forse si parlerà di quella battaglia vinta giocando “molto male” – parole sue – ma rivelandosi, una volta in più, il campione che è. Perché ieri Nadal, e questo lo sa anche lui, ha tirato a lucido i suoi cavalli di battaglia: la grinta, la tenacia, la forza mentale. E scusate se è poco signori. Ieri in campo un grande Nadal, non bello da vedere, falloso più del solito ma a 30 anni, quasi 31, 14 tornei dello Slam, 29 Masters 1000 non è propriamente scontato rimanere aggrappato a ogni punto.

Tra i tanti pensieri irrazionali notturni, anche l’immagine di un patito di tennis che perde la memoria, che non riconosce più i grandi del nostro sport ma che, fortunatamente, ha mantenuto intatta l’idea del gioco. Se quel disgraziato ieri si fosse trovato sugli spalti del Manolo Santana – senza nessun suggeritore vicino e ignorando i tabelloni luminosi – avrebbe giurato che il campione, tra i due, era Fognini. Fabio è sembrato avere per gran parte del match una marcia in più dovuta a quella capacità di giocare i colpi – tutti i colpi – con una facilità disarmante. Nadal, il più delle volte, rincorreva e anche quando chiudeva un punto sostenuto dal suo classico urlo appariva, giustamente, provato. Per Fabio non era così, tutto fluiva diversamente.

Il tabellone dice che oggi Nadal affronterà Nick Kyrgios dopo aver battuto Fabio Fognini 7-6 3-6 6-4. Come è possibile? Beh, se Nadal è considerato uno dei più grandi tennisti di sempre ci deve essere un motivo. Fabio ha avuto le sue occasioni: il secondo break e il set point mancato nel primo set, la situazione riassestata nel terzo con il break sul 5-3 a favore dell’avversario. Il ligure ha qualche rimpianto, certo, e noi con lui. Io, per quel che vale, ero convinto vincesse, tanto che mi sono esposto in più di un’occasione e dopo il match, le parole scritte, quelle dette in conferenza stampa e un tabellone impietoso che vede Nadal al terzo turno di Madrid, mi trovo ancora convinto di quella sua vittoria, ormai mancata.

Forse sono solo farneticazioni di una piovosa notte madrilena. Forse scrivere e tifare contemporaneamente – che i fans di Rafa ce lo concedano per una volta –  ha le sue controindicazioni. Forse ammirare il Centrale della Caja Magica, perplesso, battere timidamente le mani a Fognini per gran parte dell’incontro non lascia indifferenti. Forse – anche di giorno e in piena veglia –  pensare a Fognini lassù, nel tennis, non è poi così sbagliato.

 

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