Bentornata terra battuta, porta con te Murray e Djokovic

I primi tre mesi hanno regalato il monologo di Roger Federer, con il ritorno della terra battuta e dei primi due giocatori del mondo forse lo spettacolo agonistico sarà migliore.

Il Masters 1000 di Miami è finito e si è chiuso il tradizionale mese di marzo tennistico americano. Da lunedì il circo ATP sarà pronto per i grandi tornei sulla terra rossa europea, la stagione entrerà davvero nel vivo, dopo questo lungo prologo.

Prologo in cui, sotto gli occhi di tutti, alla fine c’è sempre stato solo Roger Federer, di cui si è scritto tutto e il contrario di tutto. Si sono celebrate le doti del suo allenatore, Ivan Ljubicic; il suo nuovo rovescio; la sua straripante condizione fisica e mentale, ormai del tutto libera dalla necessità di dimostrare qualcosa; la sua capacità di gestire l’infortunio al ginocchio in maniera perfetta; e, in generale, l’immenso talento che accompagna questo giocatore fino quasi a renderlo oltre l’umano. Fortunatamente c’è stato anche qualche giornalista avventuriero che ha acceso l’interruttore del suo spirito critico e si è accorto che anche se quanto detto sopra è innegabile, è altrettanto vero che “The King” non sarebbe potuto rientrare nel circuito in un momento migliore. Murray e Djokovic, dominatori delle ultime due stagioni, sono ai box, per presunto infortunio o forse perché tutti i giocatori sono umani e ciò che hanno da curare è il sovraccarico mentale. Lo ha fatto Nadal in passato (qualche acciacco c’era ma non serve così tanta arguzia per capire che non fosse solo quello; e in fondo il fisico è tutt’uno con la mente) e lo stesso Federer avrebbe potuto rientrare prima, ma ha preferito liberare completamente la testa, e i risultati lo dimostrano. E gli altri?

Gli altri, fatti tutti i conti, sono sempre gli stessi: Stan Wawrinka vive di alti e bassi da sempre, e a dirla tutta solo negli ultimi tre anni ha scoperto anche gli alti. Ma per un torneo in cui gioca quel tennis sublime fatto di piastrellate e tocchi, nei tre successivi sembra mandi in campo il fratello scarso, o meglio, quello con un buon talento ma che non sa cosa sia la voglia di giocare, soprattutto se al di là della rete c’è l’amico Roger… Kei Nishikori è sempre di più l’alter ego del Giovanni Drogo di Buzzati: aspetta sempre l’occasione, e quando si presenta è distrutto, forse più che nel fisico, dall’attesa stessa. Con il più grande rispetto per la vittoria di Fognini, un Nishikori in condizioni più decenti difficilmente ci avrebbe perso. Ma lasciamo gioire l’italico spirito, che male c’è?, Fabio per una volta ha colto l’occasione. Milos Raonic sta ancora cercando di capire quanti allenatori gli serviranno per fare l’ultimo salto di qualità, nel frattempo il suo fisico possente ha fatto di nuovo crack, e quanti credono che il canadese diventerà davvero vincente alzino la mano. La sensazione è che non se ne vedranno molte. Rafael Nadal forse tornerà sé stesso sulla terra rossa, nel frattempo resta quanto detto i primi di gennaio: a tratti è un buon Nadal, ma troppo lontano da quella tigre capace di vincere quattordici slam. Dominic Thiem, a fine marzo, di nuovo, ha già giocato troppo. Può essere che in futuro impari a gestire le sue forze in maniera diversa, per ora resta su un perseverare diabolico a lui molto nocivo. Marin Cilic è sempre più impegnato a mostrare che a fargli vincere lo US Open 2014 è stato un miracolo delle sue terre di provenienza; Jo Wilfred Tsonga sta festeggiando la sua paternità con il nuovo arrivato Sugar (??).

Un barlume di speranza in questi mille americani è venuto fuori dai due giovani più promettenti: Nick Kyrgios e Sacha Zverev sembrano davvero sulla strada giusta per diventare finalmente campioni, l’australiano sarà sempre cavallo pazzo, ma pare più domo ultimamente e il suo tennis è devastante quando vuole. Il tedesco marcia a tappe forzate verso la top ten e ha tutte le caratteristiche per maturare dove serve. Solo che per entrambi sembra essere ancora presto e ci si è messo di mezzo un virus intestinale tra l’australiano e Federer a Indian Wells e a Miami, forse, il destino ha semplicemente deciso che non era ancora il momento di spezzare l’incantesimo.

Da ultimo non rimane che Juan Martin del Potro: la sensazione è ancora che possa fare partita con chiunque ma, dopo il rientro, il lato del rovescio è troppo debole per sperare nella continuità. L’argentino può trovare giornate di grazia o magari di cattiva vena dell’avversario ma se i più forti sono al meglio, il suo lato sinistro è troppo debole, troppo prevedibile anche.

Insomma il mondo del tennis, anche per tutto ciò che ruota intorno al campo, probabilmente deve ringraziare il ritorno di Federer, perché resta difficile immaginare di cosa si sarebbe parlato in questi tre mesi. Ma il campo, il gioco, quello vero, non ha detto molto e per il Tennis, ora che lo show si trasferisce sulla terra rossa, speriamo davvero che Murray e Djokovic tornino e tornino sé stessi. Perché anche se molti hanno già celebrato il funerale dei due e anche dell’era dei Fab Four, restano alcuni dati di fatto: Murray e Djokovic sono forti, sono davvero molto forti, hanno un grande talento e sono due pedine fondamentali per rendere più incerto e spettacolare l’esito dei tornei. La probabile verità è che attualmente sono gli unici due con la possibilità di avere con costanza un ritmo per mettere in difficoltà lo svizzero. Di più, si continua a dire che l’era dei quattro è finita, ma per ora i più importanti tornei dell’anno sono comunque stati vinti da uno di loro.

See you soon USA, welcome to the Clay Court Season, sperando ci siano lo scozzese e il serbo e, chissà, il Re della terra battuta di nuovo pronto a sedersi sul trono. Allora sarà vero divertimento se insieme Wawrinka, Kyrgios, Zverev e Thiem decideranno davvero di recitare la loro parte.

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