Marin Cilic, il vincente triste

Marin Cilic è fresco vincitore del torneo di Basilea: autore di un'ottima stagione, dopo la partita epica persa a Wimbledon contro Roger Federer ha vinto anche Cincinnati ed è a un passo dalla qualificazione alle ATP Finals, mostrando che quegli US Open furono un episodio non troppo isolato. Però, Marin non esalta nessuno, non fa parlare nessuno. Perché?

Non bastano i ruggiti. Non bastano i miglioramenti.

Non basta assumere uno sportivo “della gente” come Ivanisevic, non basta uno Slam. Non è ancora bastato tutto questo a Marin Cilic per essere considerato un “big” o essere uno dei favoriti sul circuito.

Ha vinto più di Nishikori, Marin, molto più di Dimitrov. Comportamento sempre perfetto in campo, altro che Kyrgios tra insulti a se stesso e rinunce a colpire la palla. Certo, c’è stata quella brutta parentesi “doping”, quella barretta in più pare comprata dalla madre: una storia non chiara, poi chiarita, comunque superata. Non propriamente sentita neanche quella, comunque, dagli appassionati di tennis.

Eppure in quegli US Open vinti nel 2014 Marin Cilic è stato devastante, esaltante a tratti: difendeva come il miglior Nadal nel 2008, serviva come il suo coach, dritti a metà tra Federer e Sampras… praticamente ingiocabile. Vittoria più che meritata. Poi l’inevitabile rilassamento, l’inesorabile riflessione post-bagordi, come la “bonza” dopo il pranzo della domenica.

Ma Cilic è sempre rimasto lì, tra l’ottimo e l’eccellente. Fino a questa ottima stagione: una delle sue partite migliori proprio a Wimbledon contro Roger Federer. Nemmeno uno che sperasse che a vincere fosse lui, sul Centrale. Impossibile contro Federer, certo, ma siamo sicuri che contro qualcun altro non sarebbe stato lo stesso? Non ci sono racconti mozzafiato sulle sue imprese, nemmeno quella di qualche settimana dopo a Cincinnati contro Andy Murray, che sta disputando forse la sua migliore stagione di sempre ed è a un passo dalla prima posizione mondiale.

Il primo MS1000 per il croato, la prima finale in Coppa Davis, da vero trascinatore: potrebbe essere sua quell’insalatiera a fine Novembre. Ma a nessuno pare importare. Perché?

Perché lo sport non è razionale, al di là di risultati e punteggi: lo sport si fonda sulle passioni e ancora di più il tifo, che non obbedisce alla logica e alla realtà di un ragazzo figlio di una generazione monca nella quale però è riuscito a ritagliarsi un posto nella storia, che nessuno può più togliere dalle sue mani, dai record, dagli annali.

Chi e quando però avrà un pezzo di Cilic nel cuore?

 

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