Il mondo down-under / La transportation è uguale per tutti

TENNIS – Dal nostro inviato a Melbourne Diego Barbiani

E’ bello sapere che alla sera, quando qui si finisce (non prima di mezzanotte, quando tutto si svolge normalmente), che il torneo mette a disposizione una transportation per gli addetti ai lavori che alloggiano abbastanza lontani.

La stessa transportation che utilizzano i giocatori, lo stesso ufficio che frequentano i giocatori. All’inizio della scorsa settimana è capitato che mi ritrovassi da solo con Bernard Tomic, con il giocatore australiano che, una volta chiamato per dirigersi verso la propria auto mi ha indicato: “E tu?”. “No, lui no”, han detto dalla segreteria. Niente transportation con Tomic. Poi Sabine Lisicki, alla mezza, seduta sui divanetti assieme al suo fidanzato per almeno venti-trenta minuti in attesa che arrivasse il suo turno. Sennò Mirka, la moglie di Roger Federer: anche lei, come tutti gli altri, si mantiene in fila con il numero preso come se fosse dal macellaio o dal panettiere, o alle poste. La democrazia al suo picco massimo.

Con la seconda settimana del torneo sono arrivati al circolo anche i giocatori in sedia a rotelle. Di loro si conosce davvero poco, praticamente nulla. Eppure c’è un’istituzione dello sport paraolimpico che proviene proprio dal tennis in carrozzella. Si chiama Esther Vergeer, giocatrice che con molta probabilità detiene il record assoluto di vittorie consecutive in partite ufficiali in tutti i generi di sport: 470, quattrocentosettanta (meglio scriverlo in lettere, per rendere l’idea), striscia rimasta aperta perché la giocatrice olandese dopo le paralimpiadi di Londra (vinte, pensate un po’…) ha saltato l’Australian Open ad inizio 2013 ed ha annunciato il ritiro immediato dalle competizioni.

Vincitrice in carriera di 160 tornei di singolare, 133 di doppio, con un record finale di 679 vittorie contro 25 sconfitte, l’ultima datata 30 gennaio 2003. 42 titoli dello Slam (21 in singolare e 21 in doppio, ma il singolare in carrozzina a Wimbledon non esiste), più 14 titoli del Master di fine anno, 7 medaglie d’oro paralimpiche (4 in singolare e 3 in doppio) ed 1 argento (Pechino 2008).

Fatta questa digressione su una leggenda del nostro sport, veniamo a fatti più attuali. E’ vedendoli allenare dal vivo che si capisce veramente quanto ci tengano.

Questo ragazzo, ad esempio, è senza tre arti su quattro, striscia col gomito destro sulla ruota della carrozzina per spostarsi ed è costretto a fare il doppio della fatica, probabilmente, per giocare (detto di chi già, e purtroppo, non vive in una condizione “normale”). Eppure spinge su quella ruota per colpire la palla, e se si guarda attentamente si nota che lo fa sorridendo. Nel suo sguardo, così come in quello di tutti gli altri atleti in sedia a rotelle qui presenti, si nota che nessuno di loro mostra insofferenza. Ad Esther fu fatale un intervento vicino al midollo osseo all’età di 8 anni, che l’ha resa paraplegica a vita, eppure ha avuto la forza di venirne fuori e reinventarsi una vita da zero, ridendo in faccia alla sorte. Così stanno facendo tutti loro, che magari vinceranno dieci, cento volte meno di quanto fece Vergeer, ma basta guardarli in faccia per capire quanto sia bello per tutti loro essere presenti.

 

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