L'Atlante degli italiani / C’era una volta il nostro tennis in gonnella

TENNIS – Di Gianluca Atlante

Adesso ci diranno che noi portiamo male, che parliamo tanto per il gusto di farlo e di dare addosso alla Federazione, alle loro giocatrici e ai loro giocatori. Adesso ci diranno di tutto e di più, chissà, ma una cosa certa: eravamo arrivati primi nel momento in cui parlavamo, in tempi non sospetti, del crollo del nostro tennis femminile.

Non siamo tifosi da stadio, ma nemmeno indifferenti alle vittorie azzurre. Da queste colonne abbiamo sempre sottolineato i successi, non ultimo quello di Fognini e Bolelli in doppio agli Australian Open, ma il nostro mestiere è, anche e soprattutto, quello di non nascondere determinate verità, belle o brutte che siano, ed in questo caso, anche se a malincuore, siamo qui a denunciare un qualcosa di cui abbiamo parlato già mesi orsono: le nostre donne non sanno più vincere e quella che una volta era una squadra imbattibile, o quasi, oggi è un qualcosa che fa parte soltanto dei ricordi. Comun denominatore, la sconfitta con la Francia. Pesante, pesantissima, perché arrivata come un tornado improvviso, dopo che il sole aveva illuminato a giorno le nostre Errani e Giorgi nella prima giornata di gare a Genova. Pesante perché ha messo a nudo, semmai ce ne fosse stato bisogno, i problemi di Sara Errani, che sono poi anche quelli di Roberta Vinci. Di due giocatrici che sembrano essersi smarrite, ma che in realtà, come più volte abbiamo sottolineato, il loro lo hanno già dato, abbondantemente.

Il disastro nel doppio finale contro Mladenovic e Garcia, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Le “Cichi” non sanno più vincere. Nè in singolare, né tantomeno in doppio. Ed il nuovo che avanza, o che dovrebbe avanzare, vive di presunzioni inutili e controproducenti, legate, più che altro, ad una gestione familiare della vita, che non sembra sortire effetti positivi, tutt’altro. La giovane Camila Giorgi, insomma, dovrebbe iniziare a capire che per diventare una giocatrice di livello assoluto, e lei i mezzi sembra averli, non serve soltanto tirare più forte delle avversarie, perché non è un colpo che può cambiare la vita di un match, ma la conduzione dello stesso, magari meno scellerata e più oculata.

La sconfitta contro la Garcia, ma soprattutto quel secondo set perso 6/0, è la riprova di quanto affermiamo. La Giorgi si farà, chissà quando, ma intanto ha bisogno di un bagno di umiltà, di guardare, cosa che non ha mai fatto (o, almeno, questo ha affermato alla vigilia del suo match contro Venus Williams), i match di chi ha fatto la storia del mondo che le ha aperto le porte. Perché, chissà, magari c’è qualcosa da imparare anche da chi ha in bacheca, come Venus Williams, diversi Slam. La Giorgi, soprattutto, deve capire che iniziare a camminare da sola, può essere un vantaggio. Il papà non glielo tocca nessuno, a patto che non le complichi la vita. Perché parlare in certi termini è un boomerang pericoloso e la figlia, ammesso e non concesso che lo si possa fare anche da lassù, non è ancora la numero uno al mondo. C’era una volta una squadra. C’era una volta il tennis femminile. C’era una volta, soprattutto, quel ricambio generazionale che, oggi, è un qualcosa di utopico soltanto da nominare.  

 

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