Queste brutte, brutte ATP Finals


TENNIS – QUIET PLEASE! – Di ROSSANA CAPOBIANCO – La kermesse di fine anno, che dovrebbe rappresentare il meglio del tennis maschile, è stata un fallimento totale: non solo per la sfortuna della mancata finale, che probabilmente sarebbe stata la miglior partita; forma, partite e protagonisti non sono mai stati all’altezza: perché?

A un certo punto a metà settimana, i social network erano pieni di sfottò. “Bagels o breadstick oggi?”. 6-1 6-0 come se piovesse, nella nebbiosa Londra che però non vedi, dentro l’O2 Arena. Tra il buio che oscura il pubblico e il fumo che annuncia l’evento, queste ATP Finals sono davvero state poca roba: poca “ciccia”, poca sostanza, emozioni praticamente nulle.

Almeno a livello di singolare, certo. Di chi è la colpa?

Molti parlano delle condizioni davvero lente del campo che avrebbe sfavorito il gioco d’attacco e resa ancora più ampia la differenza tra super atleti come i Djokovic e i Federer (Murray nel 2014 ha qualche scusante in merito) e gli altri. E’ stato lo stesso Roger ad “accusare” gli organizzatori della superficie, conferme poi arrivate da Raonic e Berdych, che certo avrebbero gradito un campo decisamente più veloce; grazie al servizio e ai colpi di inizio gioco in generale, probabilmente ci sarebbe effettivamente stato più equilibrio in campo.

Altri (più che altro addetti ai lavori) addossano la responsabilità ai “newcomers” che hanno sentito troppo il peso dell’esordio e hanno avuto poca personalità nell’affrontare chi invece aveva molta più esperienza. Analisi con una lacuna, quella su Berdych, che arrivava per la terza volta di fila a questo appuntamento ed è stato più che deludente, come tutta la sua stagione.

Per avere una partita finita nel set decisivo abbiamo dovuto aspettare David Ferrer, intervenuto come riserva di Raonic nel terzo giorno del gruppo B, quando ormai per lui era comunque impossibile qualificarsi alle semifinali con una partita in meno degli altri.
Gli acciacchi hanno -come sempre- limitato Kei Nishikori che avrebbe potuto dare molto più pepe a questo evento di fine stagione, così come probabilmente pure la presenza di Rafa Nadal che questo torneo non lo ha mai amato ma difficilmente (anzi solo in una occasione) ha rimediato figure barbine.

Forse solo la semifinale svizzera tra Federer e Wawrinka, per quanto davvero zeppa di errori e tensioni emotive, ha almeno regalato un equilibrio e dei colpi di scena fondamentali da vivere per chi si nutre di sport. Una partita però che ha deluso moltissimo Stan e infortunato Roger, che ha dovuto saltare la finale con suo enorme dispiacere (solo la terza volta in 16 anni di professionismo e mai durante la partita) e quello del pubblico pagante, che si è dovuto accontentare di un’esibizione tra vecchie leggende e di Andy Murray, che da vero signore non ha voluto nulla in denaro per scendere in campo quando ha ricevuto la chiamata dal suo divano intento a giocare a Mario Karts.

Lo stesso Murray che è riuscito (per caso) a fare solo un gioco contro un Federer eccelso ma perfino imbarazzato di un tale risultato finale. La finale non giocata è stata insomma solo la ciliegina della torta per un torneo che mai come quest’anno ha accusato la fatica e l’usura di giocatori spremuti per un’intera stagione e una continua e imperterrita voglia di volere allungare scambi e noia.

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