Quiet Please! Stan Wawrinka, l'incredulo vincitore che scombina le carte al vertice

di ROSSANA CAPOBIANCO – Stan Wawrinka è il primo vincitore di Slam fuori dai “Fab Four” dal 2009: chi lo avrebbe mai detto? A giudicare dal sorriso incredulo di Wawrinka sull’aereo che da Melbourne lo riportava a casa prima della Davis, lui non ci aveva mai pensato. Eppure da qualche mese è uno di quelli che gioca meglio a tennis.

 

Era dal 2009 che un tennista diverso da quelli che possiamo ormai definire gli ex “Fab Four” non vinceva un torneo dello Slam.

Da quando Juan Martin Del Potro batté Nadal e Federer uno in fila all’altro per conquistare quello che rimane fino ad oggi il suo unico Slam, lo US Open. Stanislas Wawrinka da sei mesi buoni è forse quello che più ha divertito in campo e che più di ogni altro ha migliorato il proprio tennis: complice una forma perfetta, nessun infortunio e un allenatore come Magnus Norman che a questo punto si candida come uno dei migliori del circuito, è arrivato al numero 3 del ranking, primo tennista svizzero scavalcando uno come Roger Federer e battendo Djokovic e Nadal, con i quali fino ad allora aveva sempre perso (addirittura con lo spagnolo non aveva vinto nemmeno un set).

 

La sua incredulità e la sua gioia le leggi tutte sul suo volto, un lunedì di Melbourne, una serata in aeroporto aspettando tutti insieme l’aereo che ti riporta a casa (non meno di 24 ore di viaggio, tutto compreso). E’ trasognante, cammina tra Severin Luthi e il suo allenatore svedese, due personaggi discreti, soddisfatti ma sereni, quella serenità di cui Wawrinka avrà bisogno nell’immediato futuro.

Porta con sé un peluche di dinosauro gigante, sicuro regalo per la figlia Alexia, che è rimasta a casa con la mamma, con la quale lo svizzero si è riconciliato ormai; in aereo con lui, tra prima classe e business, anche i genitori, che riconosceresti da lontano per quanto siano simili a Stan.

“Stan the man”, “Stanimal”, tutti soprannomi affibbiatigli dal suo amico Roger, che durante tutto il torneo, anche prima della sconfitta con Rafa in semifinale, aveva gioito e supportato il connazionale, creando intorno a lui un entusiasmo che Wawrinka gli ha poi trasmesso fino a trascinarlo a Novi Sad, una presenza in Davis che mancava dal 2012 e la promessa pubblica, una volta passato il turno, di esserci anche contro il Kazakhstan in casa.

 

Wawrinka come Bartoli lo scorso anno a Wimbledon? Non esattamente, ma ci sono delle similitudini. Una su tutte è certamente la sorpresa che nessuno si aspettava alla vigilia del primo Slam della stagione e l’altra è la “fortuna” di Wawrinka nel trovarsi di fronte in finale un Nadal un po’ menomato dal male alla schiena (la Bartoli non ha dovuto affrontare nessuna top player, quanto a fortuna). Però Wawrinka la sorte se l’è costruita da solo: battendo Djokovic dopo due sconfitte al quinto set proprio agli Australian Open e poi agli US Open nel 2013, Berdych e poi disputando un meraviglioso primo set contro un Nadal (è parso) ancora integro. In più, lo svizzero non si ritirerà di certo adesso e proprio a fine 2013 è arrivato fino alle semifinali alle World Tour Finals.

 

Il rischio adesso è che Wawrinka si adagi un po’ e calino attenzioni e ambizioni: dopo la Davis si è già ritirato dal torneo di Montpellier per fatica ed è in dubbio per Marsiglia. Poco male, anzi, probabilmente è un comportamento saggio di chi adesso non ha bisogno di raccogliere punti qua e là e si concentra sui grandi tornei. Una maturazione che ha il volto di un bambino incredulo e contento, come in quell’airbus Emirates che lo porta lontano dalla sua terra promessa, quell’Australia che lo ha incoronato campione di Slam. Conscio però di adulazioni di convenienza adesso, non si fa alcun problema a dirlo, in conferenza stampa in Serbia: «Incredibile l’ipocrisia delle persone, adesso sono solo complimenti, anche da parte di chi prima non ti considerava o ti criticava a prescindere». Proprio così, Stan: ora bisogna tenere a bada tutto questo. Intanto sorride, saluta tutti e legge e colleziona i quotidiani che parlano del suo trionfo. Poco importa se la sua vittoria è segno di cambiamento al vertice del tennis, di un dominio che si sta sfaldando e di più varietà di successi grazie anche ad un graduale velocizzare i campi nuovamente. 

 

 

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